La guerra come la schiavitù. Parla Gino Strada.

Sento il dovere di riprendere le parole di Gino Strada di qualche giorno fa. Nella loro sconvolgente ovvietà si sono rivelate estremamente profetiche, nel senso biblico del termine (non quello moderno, che significa preveggente, e che ultimamente è stato attribuito alla Fallaci).

Ha scritto così Gino Strada: "[...] Non sarà certo una impresa facile mettere al bando la guerra, farla diventare un tabù per le nostre coscienze e abolirla per legge, come si è fatto con la schiavitù. Certo, ci sono ancora tante diverse forme di schiavitù nel mondo, ma l’idea di rendere schiavi altri esseri umani è abolita, non ha più – speriamo per sempre – diritto di esistere nel nostro pianeta. Per costruire un percorso di pace è indispensabile prima di tutto rinunciare alla guerra, escluderla dalle opzioni possibili. E’ un impegno urgente: solo nell’ultima settimana sono oltre 1200 le vittime accertate per atti di guerra. La quasi totalità civili."



Questo pezzo è l'estratto finale di un post su Facebook in risposta a coloro che chiedevano: "Come sconfiggere l'Isis?". La risposta di Strada è sconvolgente. Lui non si trova nell'imbarazzo di coloro che tentennano nel credere che la guerra sia un male, ma un male necessario. Quanta gente, oggi, in Occidente si sente in bilico in questa posizione schizofrenica? Quanti fra noi, e bisogna essere sinceri, sono disposti ad un rifiuto incondizionato di uno strumento di morte? Non ne possiamo più di guerre, ma quando ci entrano in casa non vediamo alternative.

E' a questo punto che Strada diventa estremamente plastico. La guerra deve diventare come la schiavitù: un'opzione assolutamente esclusa dal computo delle posizioni possibili. Nessuno, oggi, si spera, in Occidente proporrebbe la schiavitù: è vero, molti fanno finta che non ci sia, ma è ormai socialmente e culturalmente fuori dalle scelte possibili. Così deve essere per la guerra. E' il compito di civiltà a cui siamo chiamati d'ora in avanti! I nostri figli ci guarderanno prima o poi, come noi guardiamo allibiti l'America di Lincoln che era ancora nel dubbio se la schiavitù andasse bene.

C'è solo una gigante differenza tra la schiavitù e la guerra. Per la schiavitù è sufficiente che lo schiavista decida che non ce ne debba essere più traccia; in un certo senso anche l'abolizione dello schiavismo è una forma di potere, un potere che nega se stesso.
Con la guerra le cose sono un po' diverse. Nessuno dei due contendenti può decidere che la guerra finisca anche per l'altro. E' per questa ragione che la questione è più complessa e necessita di un cambio di tendenza, una prospettiva nuova di dialogo continuo e la collaborazione di diversi soggetti.



Deve essere, quindi, abbandonata l'idea che i conflitti fra gli Stati siano di esclusiva competenza dei governi (quasi sempre guerrafondai). Devono invece entrare a pieno titolo le organizzazioni internazionali sanitarie e ambientaliste, le aziende e i loro investimenti, il mondo della cultura e dell'informazione. Deve, soprattutto, essere inibito al massimo il commercio di armi: anche un bambino, per la miseria, capisce che senza pistola non si uccide!

Ma davvero tutto questo ci importa? O ci sta bene avere sempre un nemico di cui avere paura e nel quale alienare le frustrazioni che ci hanno fatto uomini-oggetto di un soggetto spesso sconosciuto?


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Commenti

attikus ha detto…
non ho la 'forza' di Gino, purtroppo... e neppure quella dei genitori di Valeria: sono umano... troppo umano forse.....