Lo studio e il tempo

di Luciano Iannuso

All'inizio della scuola questo argomento torna sempre. Alcuni genitori lamentano che ai propri figli vengano assegnati, per le vacanze estive, una quantità eccessiva di compiti. Se devono presentarsi il primo giorno di scuola avendo assolto a questi compiti, dicono, non resta loro il tempo di godere di tanti altri stimoli educativi ed istruttivi che possono trovare in altri ambienti e attraverso altri strumenti che prescindono da libri, quaderni e penne.

La questione torna, pari pari, anche durante l'anno. I ragazzi, si lamentano i genitori, non hanno tempo di andare a fare sport, fare volontariato, impegnarsi in un lavoretto, viaggiare, uscire con gli amici e un sacco di altre cose simili.

Gli insegnanti, dal canto loro, non danno grosse risposte. Sui social girava la presunta (la fonte non era chiara) risposta di un insegnante che scriveva sul diario dei ragazzi: "mi scusino i genitori, ma oggi non abbiamo fatto lezione perchè, ieri, invece di preparami, ho 'vissuto'". Se fosse vero che ciò sia accaduto realmente, ci sarebbe da preoccuparsi. Non è rinunciando al proprio impegno che si sollecita l'impegno dell'altro.

Ora, sulla questione, nel merito, ci sono due parole da dire. Bisogna insegnare ai genitori che lo studio e il tempo sono due elementi che vanno insieme. Non si può pensare di studiare se non in un tempo lungo; e questo significa due cose: che uno studio approfondito abbisogna di ore di applicazione e che lo studio non finisce dopo aver eseguito i compiti. In verità lo studio si deve innervare con il complesso del bambino o del giovane, e non essere considerato una porzione della giornata. E' facile per esempio capire cosa significhi questo quando i bambini imparano a leggere, scrivere e far di conto: la ricaduta pratica nelle loro giornate è sufficientemente chiara.

Un po' più complesso diventa capire come possa integrarsi con il complesso della vita l'incognita, la gabbia di Faraday, il trascendentale kantiano, le guerre puniche, per non parlare delle lingue morte. A parte il fatto che per ognuna di queste cose c'è un risvolto "fuori dai libri", bisogna affermare che non si studia per l'utilità che hanno o che avranno le cose apprese.
Si studia per crescere in un metodo di lavoro, in una condizione di sudditanza davanti al sapere, formando non (solo) cittadini consapevoli ma uomini e donne umili e ambiziosi.



E certo. Se da una parte è necessario il tempo nello studio, dall'altra deve essere un tempo ben investito. In Italia, il nostro sistema scolastico, è strettamente legato al concetto di "compito" e di "verifica delle conoscenze". Il "compito" presuppone qualcosa di già dato (dall'insegnante o dai libri) e da immagazzinare nella memoria, fino alla "verifica" dove si valuta quanto sei riuscito a depositare!

(Gli esercizi di matematica e le versioni di greco e latino - tanto bistrattate - danno allo studente la possibilità di imparare ad utilizzare gli strumenti di cui dispone. Se solo si cominciasse a tradurre Cicerone dal primo giorno!)

Chiaramente, così facendo, il tempo è sprecato! L'unico metodo di studio vincente, in qualunque materia, è la ricerca. Lo studio consiste nel ripercorrere in prima persona il proprio oggetto di studio. La "x" in matematica è una questione scottante per chi se la trova innanzi, è un punto di domanda e un'interrogazione di ricerca! I fatti storici non significano niente se non li vedo su una mappa, se non ho visto una statua, un ritratto o una foto di Cesare, Napoleone III o Einaudi. Una frase inglese, ancora, è accecante nella richiesta di ricerca!

Lo studio è ricerca, soprattutto quando si deve imparare. La ricerca fa progredire le scienze e le tecniche solo nella misura in cui con la mia intelligenza ho anzitutto attraversato il patrimonio che mi è stato lasciato.

Quindi, cari genitori, non temete se i vostri figli studiano troppo. Assicuratevi piuttosto che studino avendo sete di ricerca. E quando viaggiate, o fanno sport, o volontariato assicuratevi che stiano ancora studiando secondo ricerca. 

Allora forse anche questi genitori devono riaprire i libri, perchè hanno "vissuto" troppo!

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